Cessione di partecipazioni di persone fisiche: la tassazione
La cessione di partecipazioni da parte di persone fisiche, ad un valore maggiore rispetto al loro valore di acquisto determina una plusvalenza. La plusvalenza da cessione di partecipazioni è soggetta ad imposta sostitutiva.
Una delle discipline fiscali che interessano buona parte dei contribuenti italiani è quella che riguarda la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni societarie. Il nostro tessuto industriale è formato per lo più da piccole e medie imprese gestite per la stragrande maggioranza a conduzione familiare. Per questo, molto spesso ci si trova a detenere partecipazioni in società (di persone o di capitali). Molto spesso capita che dalla partecipazione societaria, se la gestione è stata positiva, ci sia la distribuzione dell’utile, sotto forma di dividendo.
Ma cosa succede per vogliamo cedere la partecipazione che deteniamo? Quali sono le conseguenze fiscali? Nel presente contributo proverò a spiegare come avviene la tassazione delle plusvalenze da cessione di partecipazioni.
Cessione di partecipazioni societarie
Per prima cosa vediamo come il Testo Unico delle Imposte sui redditi (DPR n. 917/86) disciplina la fattispecie. Il riferimento è l’art. 67, co. 1, lett. c) e c-bis) del TUIR.
Art. 67, co. 1, lett. c) e c-bis) del TUIR |
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Le plusvalenze derivanti dalle cessioni a titolo oneroso delle partecipazioni realizzate dalle persone fisiche residenti rientrano tra i redditi diversi. |
In particolare, tali proventi costituiscono redditi diversi di natura finanziaria. Si tratta di redditi che sono assoggettati al regime del capital gain. Vediamo adesso quali sono le operazioni che possono dare origine a cessioni a titolo oneroso (Circolare n. 52/E/2004):
- Le compravendite (sia a pronti che a termine);
- Le permute;
- Gli atti che comportano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento (es. usufrutto);
- I conferimenti in società.
Capital gain: chi può utilizzarlo?
Nei paragrafi precedenti abbiamo visto che il capital gain è un regime che riguarda la cessione di partecipazioni. Adesso, vediamo quali sono i soggetti che secondo il nostro legislatore possono beneficare di questa particolare tassazione delle plusvalenze da cessione di partecipazioni. Il regime del capital gain, può essere applicato esclusivamente alle seguenti categorie di soggetti:
- Dalle persone fisiche residenti che non esercitano attività di impresa, lavoro autonomo o lavoro dipendente;
- Dalle società semplici e dai soggetti equiparati, ai sensi dell’articolo 5 del DPR n. 917/86;
- Dagli enti non commerciali ex articolo 73, comma 1, lettera c) del DPR n.917/86;
- Dai soggetti non residenti con (o senza) stabile organizzazione in Italia. Quando la cessione è effettuata nel nostro Paese, ai sensi dell’articolo 23 del DPR n. 917/86.
L’articolo 67, comma 1, lettera c) e c-bis) del DPR n. 917/86 stabilisce che nell’ambito del regime del capital gain vi rientrano le plusvalenze che emergono a seguito delle cessioni a titolo oneroso:
- Delle partecipazioni e dei relativi strumenti finanziari assimilati qualificati;
- Delle partecipazioni e delle relative attività finanziarie assimilate non qualificate.
Partecipazioni qualificate e non qualificate
Ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c) del DPR n. 917/86, una partecipazione è qualificata quando essa rappresenta complessivamente:
- Una percentuale di partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 25%. Ovvero una percentuale dei diritti di voto esercitabili in assemblea ordinaria superiore al 20%, per le società non quotate;
- Una percentuale di partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5%. Ovvero una percentuale dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2%, per le società i cui titoli sono negoziati nei mercati regolamentati.
L’Amministrazione finanziaria ha precisato che i due criteri sono tra di loro alternativi. Di conseguenza, affinché una partecipazione possa definirsi qualificata, è sufficiente che sia soddisfatto soltanto uno dei due requisiti previsti dalla citata disposizione di legge. Al di sotto di tali limiti, la partecipazione si considera non qualificata Per stabilire se il cedente trasferisce una partecipazione qualificata, la Circolare n 52/E/2004 dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:
l’articolo 67, comma 1, lettera c) del DPR n. 917/86 impone di cumulare le cessioni realizzate nell’arco di dodici mesi, anche se ricadenti in periodi d’imposta diversi |
Tuttavia, affinché una partecipazione possa essere considerata qualificata, non basta sommare tutte le cessioni avvenute nel corso dei dodici mesi. Infatti, occorre verificare se, almeno per un giorno, il contribuente possiede una partecipazione superiore alle soglie sopra indicate. Tra le partecipazioni qualificate e non qualificate, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c) e c-bis) del DPR n. 917/86, rientrano sia le azioni sia le partecipazione al capitale o al patrimonio di:
- Società di persone (ss, snc, sas) e soggetti equiparati ex articolo 5 del DPR n 917/86;
- Società di capitali (spa, sapa, srl), società cooperative, società di mutua assicurazione ed enti commerciali, come previsto dall’articolo 73, comma 1, lettera a) e b) del DPR n 917/86;
- Infine, società ed enti non residenti, ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lettera d) del DPR n 917/86.
Regime di tassazione delle plusvalenze da cessione di partecipazioni
Le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni, possedute dalle persone fisiche che non svolgono attività d’impresa hanno un preciso regime di tassazione. A partire dal 1° gennaio 2019 le persone fisiche non imprenditori, gli enti non commerciali e non residenti scontano imposta sostitutiva del 26% sulla plusvalenza. Questo indipendentemente dal fatto che la partecipazione da loro posseduta sia o meno qualificata.
Il regime precedente, invece, prevedeva una diversa tassazione, in base alla classificazione della partecipazione detenuta:
- Partecipazioni qualificate. La plusvalenza concorre alla formazione del reddito complessivo del periodo d’imposta. Questo ai sensi dell’articolo 68, comma 3, del DPR n. 917/86;
- Partecipazioni non qualificate. Le plusvalenze è assoggettata ad imposta sostitutiva. Questo ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del DLgs n 461/1997.
Come si determina la plusvalenza da tassare?
Vediamo adesso come determinare la base imponibile da assoggettare a tassazione. Secondo l’articolo 68, comma 6, del DPR n. 917/86, la modalità di determinazione del capital gain è la seguente. La plusvalenza da cessione di partecipazioni è pari alla:
Art. 68, co. 6 del TUIR |
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“differenza tra il corrispettivo percepito ovvero la somma od il valore normale dei beni rimborsati ed il costo od il valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione. Compresa l’imposta di successione e donazione, con esclusione degli interessi passivi“ |
Il realizzo di tali componenti positivi di reddito avviene quando si perfeziona la cessione a titolo oneroso delle partecipazioni e degli strumenti assimilati. Non tanto, invece, nel diverso momento in cui viene liquidato il corrispettivo della cessione. Pertanto, il trasferimento di proprietà della quota sociale è il presupposto per il realizzo della plusvalenza (minusvalenza) da cessione. Plusvalenza che viene attratta a tassazione nel rispetto del “principio di cassa“. Secondo la regola generale vigente per i redditi diversi. Se nei periodi d’imposta precedenti a quello in cui si effettua la cessione, il contribuente ha percepito delle somme a titolo di acconto, esse devono essere computate ai fini della determinazione del corrispettivo. Questo perché gli acconti non sono imponibili nell’anno in cui sono percepiti, ma in quello in cui la cessione si perfeziona.
Il costo della partecipazione
Prescindendo dalla natura della partecipazione ceduta, ai sensi dell’articolo 68, comma 6, del DPR n. 917/86:
Art. 68, co. 6 del TUIR |
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“il costo od il valore d’acquisto assoggettato a tassazione, è aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione. Compresa l’imposta di successione e donazione, con esclusione degli interessi passivi“ |
Il costo, quindi, può essere incrementato degli oneri sostenuti per l’acquisto. Tuttavia, l’incremento può essere anche per tutti gli oneri che hanno un nesso d’inerenza con la produzione delle plusvalenze. Quali, ad esempio, le spese notarili, gli oneri fiscali e le commissioni di intermediazione nonché l’imposta di successione e donazione. Ad incremento del costo di acquisto devono essere aggiunti anche:
- La rinuncia ai crediti vantati nei confronti della società;
- I versamenti in denaro o in natura;
- Nonché i versamenti effettuati a fondo perduto o in conto capitale.
Di seguito, si riepiloga il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione ceduta. Valore variabile a seconda della modalità di acquisizione o dell’oggetto della partecipazione.
Tabella: valore fiscale della partecipazione
MODALITA’ DI ACQUISIZIONE DELLA PARTECIPAZIONE | VALORE FISCALE DELLA PARTECIPAZIONE CEDUTA |
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Acquisto a titolo oneroso | Costo di acquisto |
Acquisto per successione soggetta a imposta di successione | Valore dichiarato o definito per l’imposta di successione |
Acquisto per successione non soggetta a imposta di successione | Valore normale alla data di apertura della successione |
Acquisto per donazione | Costo di acquisizione del donante |
Acquisto sulla base di aumento gratuito di capitale “Nuovo” costo unitario = costo di acquisto / (n° azioni ante aumento + azioni ricevute) | “Nuovo” costo unitario × n° azioni ricevute |
Partecipazione in società di persone | Costo fiscalmente riconosciuto ± redditi/perdite imputate per “trasparenza” – utili distribuiti |
Partecipazione in società “trasparenti” | Costo fiscalmente riconosciuto ± redditi/perdite imputate per “trasparenza” – utili distribuiti |
Partecipazione in imprese residenti in paesi black list soggette a disciplina CFC | Costo fiscalmente riconosciuto ± redditi/perdite imputate per “trasparenza” – utili distribuiti |
Acquisto a seguito di fusioni o scissioni | Ultimo valore fiscale riconosciuto |
Costo della partecipazione in caso di rivalutazione
Nel caso in cui il costo di acquisto della partecipazione sia stato rivalutato, si può utilizzare il costo indicato nell’apposita relazione di stima asseverata. Attraverso la rivalutazione ed il pagamento dell’imposta sostitutiva il costo fiscale della partecipazione è quello rivalutato. Affinché sia possibile attuare la rivalutazione deve esserci una finestra temporale aperta per farlo. Condizione necessaria per la rivalutazione delle quote societarie è che un professionista abilitato abbia redatto una perizia giurata di stima del patrimonio netto della società.
Successivamente deve essere versata l’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari:
- Al 10% del valore rideterminato della partecipazione, per le partecipazioni non qualificate;
- Al 11% del valore rideterminato della partecipazione, per le partecipazioni qualificate.
Partecipazioni acquisite in più tranches
Quando la partecipazione oggetto di cessione è stata acquisita nel tempo occorre capire il costo fiscale. In questo caso, per determinare quale quota delle partecipazioni possedute si ritiene ceduta per prima, si applica il criterio LIFO (last in – first out). Questo è quanto prevede l’articolo 67, comma 1-bis) del DPR n. 917/86. In tal modo, bisogna tenere conto che le partecipazione acquisite per ultime si ritengono alienate per prime. In pratica, il costo fiscale della partecipazione è dato dagli acquisti meno recenti di partecipazioni. Il valore della partecipazione sarà sempre quello meno recente nel tempo.
Esempio di valore fiscale di partecipazione acquisita in tranches
Ipotizziamo che un contribuente abbia ceduto una partecipazione del 70% della società Alfa SPA. La quota è pari a 15.000 azioni che sono state acquisite in due distinte operazioni successive:
- Un acquisto di 5.000 azioni, pari al 30% del capitale della società. Costo unitario di € 8,00 in data 30.3.”n”;
- Un acquisto di altre 10.000 azioni, pari al 40% del capitale della società. Costo unitario di € 12,00 in data 8.10.”n”.
Di conseguenza, risulta che il 70% del capitale di A Spa è stato acquisito ad un costo complessivo di € 160.000.
Il valore è dato da (5.000,00 × 8,00 + 10.000,00 × 12,00).
In data 12.10.”n+1″, si cede la partecipazione in Alfa SPA. La quota ceduta è pari al 55% del capitale. Il costo utile ai fini della determinazione dell’eventuale plusvalenza, è dato considerando:
- Il costo dell’ultimo acquisto per il 40%;
- Infine, il costo relativo al primo acquisto per il restante 15%.
Perciò, si determina un costo complessivo di € 140.000. Questo valore rappresenta il costo ultimo fiscalmente riconosciuto per la quota di partecipazione oggetto di vendita.
Cessione di partecipazioni qualificate
A partire dal 1° gennaio 2019 l’articolo 68, comma 3, del DPR n 917/86 prevede la tassazione con imposta sostitutiva del 26% della plusvalenza da partecipazione qualificata.
Per le plusvalenze incassate in annualità precedenti, era in vigore un diverso regime di tassazione. Regime disposto dall’articolo 2, comma 2, del DM 2.4.2008. Questo regime prevede che le plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni qualificate, assunte al netto delle relative minusvalenze concorrano a tassazione IRPEF parzialmente. In particolare nella seguente misura:
- Per il 58,14% se la plusvalenza è percepita fino al 31.12.2018;
- Per il 49,72% se la plusvalenza è percepita fino al 31.12.2017;
- Oppure per il 40% se il corrispettivo da cessione è realizzato prima del 2009.
Deduzione delle minusvalenze
Per quanto riguarda le minusvalenze da cessione di partecipazioni, queste possono essere dedotte dalle plusvalenze di annualità successive. Non è prevista una disciplina transitoria per la nuova normativa 2019. Questo significa che le minusvalenze realizzate fino al 31 dicembre del 2018 possono essere compensate con le plusvalenze 2019. Questo per la relativa percentuale di deduzione. In pratica è possibile compensare le plusvalenze realizzate con la cessione di partecipazioni qualificate con le minusvalenze dovute alle cessioni non qualificate. Minusvalenze di anni precedenti. Questo anche laddove le minusvalenze siano scaturite da cessioni poste in essere durante il periodo in cui trovava ancora applicazione la “vecchia” disciplina.
Cessione di partecipazioni non qualificate
Le plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni non qualificate sono imponibili per il loro intero ammontare. Tale quota è soggetta ad imposta sostitutiva del 26%. Questo è quanto prevede l’articolo 68, comma 5 del DPR n 917/86. Tali plusvalenze sono assoggettate ad un’imposta sostitutiva pari al 26% del loro ammontare, come previsto dall’articolo 5, comma 2, del DLgs n 461/97.
L’aliquota del 20% è applicata alle plusvalenze realizzate sino al 30 giugno 2014. Questo poiché, per le plusvalenze perfezionate a decorrere dal primo luglio 2014, è in vigore l’aliquota del 26%. Aliquota introdotta dall’articolo 3, comma 1, del DL n 66/14.
Sussiste, quindi, il principio del realizzo, in base al quale, la plusvalenza da cessione di partecipazioni sarà tassata nel momento in cui la stessa ha avuto luogo.
Compensazione della plusvalenza da cessione di partecipazioni
L’articolo 68 comma 5, del DPR n 917/86 prevede che le plusvalenze derivanti dalle partecipazioni non qualificate siano compensate non solo con le relative minusvalenze, ma anche con:
- Le minusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso. Oppure dal rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, di metalli preziosi e di quote di partecipazioni a OICVM. Articolo 67, comma 1, lettera c-ter) del DPR n 917/86;
- Le perdite realizzate mediante rapporti da cui deriva il diritto o l’obbligo di cedere o acquistare a termine strumenti finanziari, valute, metalli preziosi o merci oppure di ricevere o effettuare a termine pagamenti collegati a tassi di interesse o a quotazioni di titoli. Articolo 67, comma 1, lettera c-quater) del DPR n 917/86.
Inoltre, analogamente a quanto previsto per le partecipazioni qualificate, se le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze, l’eccedenza è portata in deduzione dalle plusvalenze dei quattro periodi d’imposta successivi. Questo a patto che ne sia data evidenza nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui essa si è verificata.
L’articolo 2, comma 28, del D.L. n. 138/2011 ha stabilito che le minusvalenze, le perdite e i differenziali negativi, di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-bis) – c-quinquies) del DPR n. 917/86, conseguiti sino al 2011 sono deducibili dalle plusvalenze realizzate a partire dal 2012, per un ammontare pari al 62,50% del loro importo. In tal modo, il Legislatore ha evitato che il contribuente potesse ottenere un risparmio d’imposta, mediante la deduzione delle minusvalenze realizzate con il previgente regime dalle plusvalenze assoggettate alla nuova ritenuta.
Deducibilità minusvalenze anni precedenti
La misura di deducibilità introdotta dall’articolo 2, comma 28, del D.L. n. 138/2011 è valida per le plusvalenze realizzate fino al 30 giugno 2014 poiché, a seguito dell’ulteriore aumento dell’aliquota dell’imposta sostitutiva, dal 20% al 26%, disposta dall’articolo 3, comma 1, del D.L. n. 66/2014, sono state previste altre soglie di parziale deducibilità delle minusvalenze. In particolare, l’articolo 3, comma 13, del D.L. n. 66/2014 ha previsto che le minusvalenze, le perdite e i differenziali negativi ex art. 67, comma 1, lettera c-bis) – c-quinquies) del DPR n. 917/86 sono deducibili nella misura:
- Del 48,08%, se realizzati entro il 31 dicembre 2011;
- Del 76,92%, se conseguiti tra il primo gennaio 2012 e il 30 giugno 2014.
Inoltre, l’articolo 3, comma 13, del DL n 66/2014 afferma che restano fermi i limiti temporali di deduzione previsti per il:
- Regime della dichiarazione (articolo 68, comma 5, del DPR n. 917/86) e
- Risparmio amministrato (articolo 6, comma 5, del D.Lgs. n. 461/97).
Cessione di partecipazioni: regimi opzionali
Quando il contribuente decide di percepire direttamente, senza l’ausilio di intermediari abilitati, le plusvalenze su partecipazioni si applica il regime della dichiarazione. Questo significa che in caso di cessione di partecipazioni il cedente è tenuto ad indicare i proventi nella sua dichiarazione dei redditi annuale. Qualora, invece, decida di avvalersi di intermediari abilitati, quest’ultimi devono determinare le eventuali plusvalenze. Nonché sono tenuti a liquidare e versare l’imposta sostitutiva dovuta. Al termine dell’operazione rilasciano al contribuente un’attestazione dei versamenti effettuati. In quest’ultimo caso, il contribuente potrebbe optare per i due seguenti regimi:
- “Risparmio amministrato“, ex articolo 6 del D.Lgs. n. 461/97;
- “Risparmio gestito“, ai sensi dell’articolo 7 del D.Lgs. n. 461/97.
Cessione di partecipazioni in società non residenti
La tassazione delle plusvalenze per una persona fisica residente che cede quote di una società estera è un tema complesso, influenzato da vari fattori normativi. Quando una persona residente in un certo paese vende quote di una società non residente, le plusvalenze realizzate (la differenza tra il prezzo di vendita e il costo d’acquisto delle quote) sono generalmente soggette a tassazione nel paese di residenza del venditore. Tuttavia, occorre analizzare la presenza di eventuali Convenzioni contro le doppie imposizioni, che potrebbero prevedere disposizioni diverse.
Ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c) e c-bis) del DPR n. 917/86, le partecipazioni in società ed enti residenti all’estero sono soggette al regime del capital gain. Mi riferisco agli enti indicati nell’articolo 73, comma 1 lettera d) del DPR n. 917/86. Quindi, a seconda dello Stato di residenza della società partecipata, alle plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni si applica un diverso regime impositivo:
- Società sono residenti in uno degli Stati o territori white list. Di cui all’articolo 168-bis del DPR n. 917/86. Tassazione con imposta sostitutiva del 26% della plusvalenza generata. Questo al netto della quota delle relative minusvalenze precedenti;
- Società sono residenti in uno dei Paesi o territori a fiscalità privilegiata. Le plusvalenze, assunte al netto del 100% delle relative minusvalenze, concorrono per il loro intero ammontare al reddito complessivo del socio residente. Questo ai sensi dell’articolo 68, comma 4, del DPR n. 917/86.
È necessario, quindi, prestare la dovuta attenzione alla sede della società oggetto di cessione. Se la stessa risiede in Paese a fiscalità privilegiata la tassazione della plusvalenza è al 100%.
Conclusioni
La plusvalenza ovvero il maggior valore di cessione di una partecipazione societaria, rispetto al valore di acquisto, è imponibile generalmente nello Stato di residenza fiscale del soggetto cedente. Quindi un soggetto fiscalmente residente in Italia, se realizza una plusvalenza dalla cessione di una partecipazione societaria (di società residente o non residente), è tenuto a tassarla in Italia. Tale plusvalenza rientra, ai sensi dell’art. 67 del TUIR, tra i redditi diversi di natura finanziaria.
Si tratta di proventi che traggono origine dall’impiego di capitale e si manifestano sotto forma di plusvalenze differenziali. La tassazione avviene attraverso l’applicazione di un’imposta sostitutiva del 26%. Questo, indipendentemente dal fatto che la partecipazione posseduta sia “qualificata” o “non qualificata“.
Si sottolinea l’importanza di una pianificazione fiscale strategica e l’utilizzo di consulenti fiscali qualificati per navigare la complessità delle normative e degli accordi di doppia imposizione. In questo modo, gli investitori possono ottimizzare la loro posizione fiscale e prendere decisioni informate che allineano gli investimenti con i loro obiettivi finanziari a lungo termine.